Sapere cosa sono e come funzionano gli Etf è importante anche per chi si dedica già da tempo e con successo al trading.
Viene infatti per tutti il momento di investire i propri soldi con una prospettiva di lungo periodo. E più si sarà guadagnato facendo trading, più alto sarà il capitale per cui è necessario trovare un valido impiego.
E su questo fronte gli Etf non temono concorrenza.
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Sono lo strumento finanziario più efficiente per chi vuole approfittare del trend rialzista di lungo periodo delle Borse.
Vanno però anche bene per puntare su altre asset class.
Esistono infatti Etf su:
- azioni
- obbligazioni
- commodity
Che cosa sono gli Etf e perché sono conosciuti come fondi a basso costo
Rispetto ai comuni fondi di investimento offrono rendimenti più alti e commissioni di gestione più basse.
La loro più importante caratteristica è che, a differenza dei fondi comuni d’investimento, il gestore non è un uomo ma un computer. Ed è per questo che vengono chiamati fondi a gestione passiva, mentre i fondi normali vengono chiamati a gestione attiva.
L’algoritmo che sta dietro un Etf esegue molto bene il compito che gli viene assegnato, cioè quello di replicare l’andamento di un determinato indice, sia esso il Dow Jones di New York , l’Ftse Mib di Piazza Affari o quello dei titoli governativi della zona euro.
I fondi a gestione passiva, soprattutto quelli più grandi e dunque più liquidi, raramente mancano l’obiettivo, anno dopo anno.
La loro performance è spesso solo di poco inferiore a quella dell’indice seguito, per il semplice fatto che hanno commissioni di gestione e costi di negoziazione che gli indici non hanno.
Oltre ad aver costi di gestione molto bassi, visto che un algoritmo costa meno dello stipendio di un team di gestori, i fondi a gestione passiva hanno il grandissimo pregio di eliminare la componente emotiva dal processo di investimento.
Un aspetto non da poco, tenuto conto che le perdite maggiori in Borsa arrivano proprio quando siamo preda di stati emotivi quali la paura o l’avidità.
Le differenze fra i fondi d’investimento comuni e gli Etf
Non succede la stessa cosa con i fondi a gestione attiva, che hanno la “presunzione” di poter fare meglio.
Cosa che assai di rado avviene; e, nel caso in cui avvenga, l’exploit rientra ben presto, seguito da sconfitte ben più ampie.
Il problema dei fondi d’investimento non si limita però a questo. Per cercare di compiere un’impresa che il più delle volte non riesce – quella di battere l’indice – le case di investimento si fanno pagare profumatamente sotto forma di commissioni di gestione.
Anche quando falliscono, facendo peggio non solo dell’indice ma anche dei relativi fondi a gestione passiva, incassano laute remunerazioni che nel panorama italiano sono in media del 2% all’anno. Circa il quadruplo di quanto chiesto di fondi a gestione passiva.
Scegliere gli Etf al posto dei fondi di investimento garantisce dunque una sovraperformance dell’1,5% solo per quel che riguarda le commissioni.
Guida alla scelta dei migliori
Come fare a scegliere il migliore? Ecco alcune semplici regole da seguire per districarsi nella sterminata offerta.
Per prima cosa bisogna guardare ai volumi scambiati e alla loro capitalizzazione, due elementi che vanno spesso a braccetto. Scegli preferibilmente gli Etf più grandi e più contrattati.
La differenza fra denaro e lettera, ovvero la differenza fra il prezzo che si paga per comprare e per vendere la singola quota, sarà molto piccola e avrete la certezza di poter smobilizzare il vostro investimento in qualsiasi momento senza grosse difficoltà.
Gli Etf più scambiati sono anche meno soggetti a forti sbalzi dei prezzi, la cosiddetta volatilità, quando passano di mano grandi pacchetti.
Gli Etf più grandi, inoltre, sono quelli che avranno le maggiori chanche di rimanere sul mercato per lungo tempo.
Non è infatti da escludere che, dopo il vero e proprio boom degli anni scorsi, si verifichi nel futuro prossimo un assestamento del mercato e gli Etf che non hanno attirato un numero sufficienti di investitori verrano tolti dal mercato (questo non significa che chi ne ha comprato le quote perda i propri soldi ma solo che dovrà dirottarli verso un altro Etf).
Un Etf per essere redditizio per l’emittente deve avere almeno 50 milioni di euro di asset.
Ricapitolando: le caratteristiche di un buon Etf sono:
- alti volumi scambiati
- grande capitalizzazione
Attenzione ai costi
Nonostante questi siano generalmente molto bassi – si parte dallo 0,14% annuale degli Etf dedicati alla liquidità – vale comunque la pena prestarci attenzione.
Soprattutto per chi investe nel lungo periodo anche solo uno 0,10% in più nei costi di gestione può portare a una significativa differenza di rendimento.
L’ultima raccomandazione è quella di leggere attentamente la composizione dell’indice di riferimento del fondo a gestione passiva che si intende comprare, il cosiddetto benchmark.
Alcuni Etf dedicati alle materie prime, per esempio, investono nei future delle commodity, come i CFD oro. Altri invece investono nelle società che producono le materie prime.
Va da sé che queste due tipologie di Etf avranno performance anche molto diverse, nonostante entrambe abbiano nel nome la parola commodity.
In altri casi la differenza è ancora più sottile. Ci sono Etf, la cui composizione è basata sulla capitalizzazione delle società contenute nell’indice, mentre in altri casi le società hanno tutte un peso uguale a prescindere della loro grandezza.
La performance del primo tipo di Etf dipenderà in larga parte da meno di una decina di titoli, quella del secondo tipo anche le cosiddette small cap potranno dire la loro. A priori non si può dire che una sia migliore dell’altra.
Quale delle due categorie di Etf vada meglio per il singolo investitore dipende solamente dalle sue strategie e dalle sue esigenze.
I difetti degli Etf, i fondi a basso costo
I fondi a gestione passiva sono strumenti finanziari molto efficienti ma non per questo immuni da difetti. Quello principale va cercato nella loro fiscalità che è differente rispetto a quella delle azioni. Queste ultime possono infatti compensare i guadagni con le perdite nel cosiddetto “zainetto fiscale”, gli Etf no (esattamente come avviene con i fondi d’investimento).
L’investitore azionario che perde 1000 euro con un’operazione azioni può successivamente “compensare” quei 1000 euro quando in un secondo momento realizzerà un guadagno su un’altra operazione: quei 1000 euro diventeranno cioè un credito di imposta nei successivi cinque anni.