Mentre l’economia cerca di riprendersi dai blocchi causati dalla pandemia, l’inflazione Usa continua a correrei prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati di quasi il 4% circa rispetto a un anno fa, il valore più alto dal settembre 2008.
Nell’ultimo anno, infatti, i prezzi al consumo sono aumentati per la precisione del 3,9%. Un tasso che contrasta con il calo dei redditi personali, che nello stesso periodo di tempo sono diminuiti del 2%.
Non stupisce quindi che le famiglie americane, che si sono ritrovate più povere, abbiano tirato il freno a mano tirato il freno a mano sui consumi. Infatti, quest’ultimi sono così rimasti sugli stessi livelli di aprile.
Su base mensile l’indice dei prezzi PCE a maggio è salito dello 0,4%, facendo registrare il terzo grande aumento consecutivo. Il core PCE, infine, che rappresenta l’indicatore preferito dalla Federal Reserve per monitorare l’andamento dei prezzi al consumo. Il PCE esclude le componenti più volatili come energia e cibo, è infine salito dal 3,1% al 3,4% su base annuale.
Le famiglie statunitensi sono più “povere”
I consumatori statunitensi sembrano essere già preparati a fare i conti con un’inflazione che proseguirà la propria corsa e proprio per questo motivo stanno fin da ora adottando un’economia famigliare improntata al risparmio.
A mostrare qualche preoccupazione ci sono anche gli investitori, perché il tasso di inflazione PCE è ora il doppio rispetto all’obiettivo del 2% fissato dalla Federal Reserve.
Il loro timore è che, se l’inflazione dovesse finire fuori controllo, l’istituto guidato da Jerome Powell si vedrebbe costretto ad alzare i tassi di interesse, innescando così un crollo delle Borse. Ma per ora la banca centrale statunitense esclude categoricamente questo scenario.
Boom di domanda e difficoltà nelle forniture dietro l’inflazione Usa
La Fed attribuisce infatti la maggior parte dell’aumento dei prezzi alla ripresa dell’economia post-pandemia. Stiamo cioè assistendo a un boom di domanda da parte dei consumatori che, a causa delle restrizioni imposte dall’epidemia, non hanno potuto fare in precedenza gli acquisti che volevano fare.
Per parte loro le imprese hanno visto aumentare i prezzi delle materie prezzi e persino quelli della manodopera, fattori che le hanno costrette ad alzare i prezzi di vendita.
Cosa accaduta in particolar modo nei settori delle costruzioni e del trasporto
Per la Fed si tratta però di fenomeni temporanei. La sua previsione è che i prezzi inizino a scendere già dal prossimo anno, quando l’economia tornerà alla normalità. Infatti, la maggior parte delle persone tornerà al lavoro e la carenza di manodopera e forniture svanirà.
L’inflazione Usa “La situazione è sotto controllo” per la Fed
Il presidente della Fed di Philadelphia, Patrick Harker, ha dichiarato che la situazione non è preoccupante. “Nei prossimi mesi gli stipendi potrebbero livellarsi, dato che più dipendenti torneranno al lavoro. I picchi dei prezzi sono causati da problemi di approvvigionamento e sono temporanei.
Harker ha però rassicurato gli investitori che la banca centrale ha comunque tutti gli strumenti necessari per affrontare un’eventuale situazione di continua e inarrestabile crescita dell’inflazione oltre gli obiettivi della Fed.
“Se dovesse succedere, sappiamo come rispondere e sono sicuro che risponderemmo in modo appropriato“. In questo modo, ha sottolineato la buona salute dell’economia americana, che si riflette anche sul sistema bancario, come dimostrano gli “stress test” affrontati e superati a pieni voti.
Per cercare di rassicurare i mercati Richard Clarida, il vicepresidente della Fed, è intervenuto dicendosi “sorpreso” dal balzo dei prezzi al consumo, ma che ha anche affermato che per lui si tratti di un effetto transitorio.
Secondo il famoso economista, l’inflazione Usa “aumenterà ancora un po’ prima di moderarsi nel corso dell’anno e ritornerà o forse supererà, ma leggermente, il 2% nel 2022 e nel 2023”.
La Federal Reserve prevede infatti che l’inflazione PCE raggiungerà una media del 3,4% nel 2021 – in aumento rispetto all’1,8% previsto alla fine dello scorso anno – per poi scendere al 2,1% nel 2022.
Per ora, la maggior parte degli investitori si sta fidando delle argomentazioni sostenute della Fed, infatti le Borse stanno proseguendo la loro corsa e i rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a lunga scadenza sono diminuiti negli ultimi mesi.
Alcuni economisti iniziano ad essere nervosi
Tuttavia, alcuni economisti temono che la Fed sia stata troppo positiva nelle sue previsioni. Warrern Buffet continua ad avere una visione positiva, ma ha aumentato la sua esposizione all’oro come leverage sull’inflazione.
“Questa settimana abbiamo ascoltato più di mezza dozzina di oratori della Fed. La maggior parte è ottimista sull’inflazione, ma alcuni si stanno innervosendo” ha affermato Chris Low, capo economista di FHN Financial, a Trading Sicuro.
Al momento non c’è modo di sapere con certezza quale sarà l’evoluzione della situazione. Non resta che fidarsi degli esperti economisti della Fed e sperare che le loro previsioni si rivelino esatte.